Genovese

Avendo da fare ho semplicemente affettato delle cipolle grossolanamente. Me ne avevano regalate un piccolo sacchetto, erano fresche, cavate dalla terra e donatemi, erano diversi giorni che le avevo, dovevo consumarle.

Tagliate sbrigativamente le cipolle le ho messe in pentola con olio e coperte d’acqua. Quando le cipolle hanno cambiato colore, appena appena cotte, ho infilato dentro la carne. Dopo cinque minuti, anche la carne ha cambiato colore, da rosso a un gradevole grigio. Dovendo uscire ho lasciato all’acqua il compito di evitare che la cipolla si bruciasse e attaccasse al fondo della pentola.

Ho aggiunto un bel po’ d’acqua e ho lasciato la consegna di ogni tanto controllare il tutto. Il fuoco lento, bastevole, appena appena, a far sbollire l’intruglio, ha portato a cottura il tutto. Le cipolle, idealmente, devono diventare una specie di crema.
Le cipolle devono essere tante, è con loro che si condisce la pasta, di solito gli spaghetti.

Una generosa dose di formaggio grattugiato sul momento e … tutta bontà. La carne si mangia a parte, alcuni la servono insieme alla pasta.
A me viene un po’ brodosa, non mi dispiace la mangio, come oggi, anche senza pasta, una specie di stufato. Mia madre la faceva asciutta, Magari si può giocare facendo saltare la pasta in padella con l’intruglio.
Una variante “povera” della genovese è la pasta al vino. Sempre tanta cipolla stracotta per renderla cremosa e, a fine cottura, un generoso bicchiere di vino bianco … oddio … il rosso non è da schifare e viene buona eguale. Il vino ovviamente si sfuma. Magari se la cipolla è bianca il vino bianco è più indicato, per via del colore, se si usa la cipolla rossa il vino rosso si amalgama bene anche come colore. Alcuni mettono, sopratutto se il vino non è generoso, un pizzico di dado, io se posso evito, come la peste, il dado.

Ricetta e foto di Piero Mancuso

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